Tutte le potenzialità dei Cloud Lab, dove le macchine fanno ricerca 24/7

I laboratori cloud sono sempre più richiesti e utilizzati, nei contesti universitari e nelle piccole start-up fino alle grandi aziende farmaceutiche: da un lato si segue il trend dell’esternalizzazione del lavoro, dall’altro c’è l’opportunità di un laboratorio costantemente operativo.

 

Il primo laboratorio cloud nasce nel 2010, quando Brian Frezza e D. J. Kleinbaum fondarono la società di biotecnologie Emerald Cloud Lab (ECL) per sviluppare farmaci antivirali. L’altissimo investimento in tempo e risorse per il funzionamento dei macchinari nel nuovo laboratorio ebbe come risultato la generazione continuativa di codici informatici per gestire le apparecchiature e, al contempo, per eseguire esperimenti, 24 ore su 24: non ne risultò solo un aumento di produttività, ma anche un incremento di riproducibilità.

 

Rendendosi conto delle potenzialità del sistema virtuale creato e dei vantaggi che altri laboratori avrebbero potuto trarne, i due soci decisero di vendere l’accesso alle loro apparecchiature e software tramite abbonamento, con un modello analogo ai servizi di streaming Netflix o Spotify: infatti, previo pagamento di una quota, ECL e altri laboratori cloud forniscono l’accesso a un vasto magazzino di apparecchiature, senza la necessità di investire capitali.

 

Oggi la ECL dispone di un quartier generale di 1400 mq, popolato da centinaia di macchine gestite da righe di codice, generato da ricercatori sparsi per il mondo, e controllate all’occorrenza da robot: in questo ambiente di ricerca automatizzato noto come “laboratorio cloud” gli scienziati hanno la possibilità di eseguire esperimenti di wet laboratory da remoto.

 

Una volta ottenuto l’accesso alla dashboard e specificato quali esperimenti vogliono condurre e quando, i ricercatori hanno la possibilità di configurare l’attrezzatura a proprio piacimento, modificando i parametri in corso d’opera. Allo stesso tempo possono ricevere aggiornamenti in tempo reale sui progressi dei loro esperimenti, seguendoli su video. Il monitoraggio viene supportato dall’Intelligenza Artificiale, che agisce alla stregua di un tecnico altamente qualificato, identificando eventuali ostacoli allo svolgimento degli esperimenti e offrendo la possibilità di modificare i valori predefiniti.

 

Nel 2018, Frezza e Kleinbaum fanno un ulteriore passo avanti, contattando Dmytro Kolodieznyi, chimico ricercatore impegnato su progetti di sviluppo di sonde fluorescenti intracellulari alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Pennsylvania, allo scopo di ricreare la propria ricerca presso la sede ECL di San Francisco. In una sola settimana, Kolodieznyi è in grado di replicare diversi anni della sua ricerca di dottorato, dalla sintesi organica di tag fluorescenti alla microscopia avanzata.

 

A seguito di questa proficua esperienza, la Carnegie Mellon University ha predisposto un investimento di 40 milioni di dollari in una partnership con ECL per la costruzione di un laboratorio cloud – il primo in un contesto accademico-, che sarà operativo a partire dal 2023 e avrà sede proprio presso l’università di Pittsburgh.

 

Questi laboratori “virtuali”, oltre all’enorme valore aggiunto della riproducibilità, dell’affidabilità dei risultati, dell’elasticità delle strutture, che consente agli utenti di tornare sui propri passi per capire dove sia stato effettuato un passo falso e di correggere il tiro, forniscono un accesso conveniente alle apparecchiature necessarie per condurre gli esperimenti scientifici, aiutando in tal modo a democratizzare la ricerca.

 

Senza contare infine le potenzialità date dalla continuità: gran parte della ricerca universitaria si è interrotta durante l’emergenza pandemica, all’inizio del 2020. Una struttura di Cloud Lab avrebbe consentito il proseguimento di gran parte delle attività, così come di molti corsi accademici.


Indietro