Tecnologia indossabile e responsabilizzazione dei pazienti: uno studio inglese approfondisce le potenzialità dei “wearables”

Un recente studio dell’Università di Birmingham, UK si interroga sul ruolo dei “wearables”, dispositivi tecnologici sanitari, nella diffusione di stili di vita più salutari: grazie a una inedita consapevolezza derivante dall’autodiagnosi, i pazienti sarebbero più propensi a modificare le proprie abitudini. La ricerca si è spinta oltre, andando a individuare i vantaggi ma anche i limiti di questi dispositivi.

 

I dispositivi sanitari indossabili sono sostanzialmente dei piccoli computer portatili integrati, che vengono “portati” sul corpo. La gamma di questi dispositivi è vasta, e spazia da prodotti di consumo o “gadget per il benessere”, tra i quali possiamo citare gli smartwatch o i tracker di attività, e device medici più specializzati, in grado di rilevare per esempio i livelli di elettroliti, eseguire lo screening del sangue per il rilevamento delle cellule tumorali o anche riconoscere i sintomi dell’infezione da COVID-19 misurando i segni vitali.

 

In linea generale, l’utilizzo dei wearables si rivela vantaggioso per gli utenti. Innanzitutto, il monitoraggio a distanza garantito da questi device, evitando lo spostamento fisico verso il luogo dell’appuntamento, ha il vantaggio di ridurre al minimo l’impatto dell’assistenza sanitaria sulla quotidianità dei pazienti, preservandone anche la privacy. I dispositivi forniscono inoltre un set di dati più ricco, raccolto in un arco temporale ampio e in momenti diversi della giornata, rispetto al dato singolo, rilevato nel corso di un’unica visita presso una struttura sanitaria: evidentemente ciò consente una diagnosi più puntuale e un trattamento più mirato della patologia. Infine, i dispositivi indossabili possono fungere da catalizzatori del cambiamento del comportamento, motivando, attraverso sfide quotidiane o definizione degli obiettivi, i pazienti a fare esercizio fisico, e apportando notevoli benefici alla salute, contrastando al contempo l’epidemia di obesità aggravata dalla pandemia di COVID-19.

 

Il successo dei dispositivi indossabili è però legato a doppio filo all’empowerment del paziente e alla sua capacità di autogestione, che va incoraggiata favorendo in primis l’alfabetizzazione sanitaria e cementando poi la relazione medico-paziente (di questi aspetti si occupa la Participatory Health Informatics, PHI).

 

Oltre a favorire i pazienti, i wearables alleggerirebbero anche la mole di lavoro del NHS, il Sistema Sanitario Nazionale inglese, sotto pressione a partire dalla pandemia da COVID-19.

 

Nonostante il comprovato ruolo nell’emancipazione del paziente, alcuni medici hanno però espresso il loro scetticismo sull’efficacia e l’accuratezza dei dispositivi indossabili, basati su una tecnologia che è agli albori, andando così a scoraggiarne l’uso. A oggi, in UK tutti i dispositivi medici sono regolamentati e testati dalla MHRA (Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency), ma numerosi altri device, non “intesi a diagnosticare, trattare, curare o prevenire alcuna malattia”, come i tracker sportivi, non lo sono. È verosimile che con il passare del tempo e il perfezionamento della tecnologia, il divario si appiattisca. Nel frattempo però, negli USA alcuni device tra cui smartwatch, hanno già ricevuto l’approvazione della Food and Drug Administration.

 

Tra le criticità, sono state rilevate comuni barriere all’utilizzo, sia tecniche, dovute all’età avanzata dei pazienti, sia relative a limitazioni inerenti il design o a questioni legate alla privacy. Fondamentale in questa fase è raccogliere il feedback degli utenti per aggiustare il tiro: dall’introduzione di supporti più personalizzati da parte dei designer per andare incontro ai gusti di tutti all’inserimento di messaggi di incoraggiamento per gli utenti che non riescono a raggiungere i loro obiettivi, c’è ampio margine di perfezionamento.

 

Il futuro di questi dispositivi è ancora tutto da discutere e le avveniristiche ipotesi di sviluppo sono svariate, dalla potenziale applicazione di sensori sui denti alle lenti a contatto intelligenti, dai tatuaggi epidermici elettronici a cerotti e tessuti intelligenti: tutti i dati raccolti potranno in ogni caso essere integrati con i sistemi sanitari e potenzialmente informare i piani di assistenza.

 

Conditio sine qua non per l’espansione dell’utilizzo di questi dispositivi resta indubbiamente l’appoggio e il supporto dei medici, non scontato.


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