Supply Chain Finance: Perché Nessuna Azienda è un’Isola

Un ecosistema digitale integrato, orientato al futuro, non può oggi prescindere dal traguardare le evoluzioni di fenomeni nuovi, interrogandosi su come questi potrebbero ridisegnarne il perimetro d’azione. Il Supply Chain Finance, inteso come un mix di modelli, soluzioni e servizi finalizzati all’ottimizzazione delle prestazioni finanziarie sfruttando la conoscenza approfondita delle relazioni di Supply Chain, è sicuramente uno di questi fenomeni, che rapidamente sta raggiungendo stadi di maturità crescenti e al contempo dischiudendo nuove prospettive.

Le opportunità già oggi pienamente operative e disponibili, così come quelle più embrionali, potrebbero trovare proprio in un ecosistema di filiera l’ambito di applicazione che amplifica efficacia e magnitudo delle prime e che accelera la traduzione concreta delle seconde.

Alla base, in ogni caso, c’è l’esigenza di un cambio di approccio. Il mondo finanziario conduce le proprie valutazioni guardando la singola impresa, mentre in realtà l’azienda – a maggior ragione nel contesto italiano – va necessariamente letta all’interno della propria supply chain: diversamente, è elevato il rischio di una valutazione incoerente. Mentre per chi si occupa di processi transazionali – Order2Cash o Procure2Pay – questa prospettiva può essere naturale, agli uomini e alle donne del Finance – inteso sia come funzione interna sia come fornitori di credito e di capitali – è richiesto un cambio di approccio notevole.

Si richiede infatti di passare da una prospettiva classica – in cui chi eroga credito valuta il proprio interlocutore quasi a prescindere dal contesto in cui questo opera – a logiche di Supply Chain Finance dove, invece, come unità di analisi si ha la relazione di filiera (e non più l’azienda). Qualcosa di simile a quello che, in passato, si è fatto a livello locale nei distretti.

Grazie all’innovazione digitale – elemento chiave nell’evoluzione del Supply Chain Finance più propriamente detto – oggi è possibile applicare questi ragionamenti anche a filiere geograficamente dislocate su grandi distanze (in Italia ma anche a livello internazionale).

Parlando di unità di analisi, questo passaggio da singola azienda a relazione sta già rischiando di diventare miope: sempre più si sta provando a guardare alle relazioni multilivello sia a monte (ai fornitori del mio fornitore) sia a valle (ai clienti del mio cliente).

In questo percorso, il vero salto concettuale si ha nel passaggio dall’analizzare l’azienda al valutare la relazione; estendere, poi, l’ambito a una relazione più estesa risulta paradossalmente più semplice: il ruolo potenziale degli ecosistemi di filiera è, quindi, sempre più evidente.

Serve “Mente Aperta”, perché si sta guardando qualcosa di autenticamente nuovo: va vinta la naturale tendenza a ricondurre l’ignoto a schemi interpretativi conosciuti.

Serve “Spirito Critico”, perché – come sempre accade a fronte di “fughe in avanti” dell’offerta – tra le imprese si ingenera smarrimento, figlio dell’inevitabile asimmetria informativa fra chi propone e chi deve decidere di usare.


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