L’UE condanna ASL e ospedali italiani per i ritardi nei pagamenti ai fornitori

Una sentenza della Corte di Giustizia Europea ha condannato l’Italia per inadempienza alla direttiva 2011/7/Ue sui tempi di pagamento nelle transazioni commerciali, ribadendo che Asl e ospedali italiani devono saldare i loro fornitori – farmacie, aziende farmaceutiche, produttori di device e via di seguito – non oltre il limite tassativo di 60 giorni dall’arrivo della fattura.

La decisione accoglie il ricorso presentato nel dicembre 2017 dalla Commissione europea, che aveva deferito l’Italia davanti alla giustizia comunitaria dopo una lunga procedura avviata nel 2014 con la messa in mora ufficiale per violazione della direttiva: la normativa, recepita nel nostro Paese con il d.lgs 192/2012, disciplina «tutte le transazioni commerciali a prescindere dal fatto che siano effettuate tra imprese pubbliche o private ovvero tra imprese e amministrazioni pubbliche» e obbliga gli Stati membri a far sì che «nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione» il periodo di pagamento non superi i trenta giorni dal ricevimento della fattura o «un massimo di sessanta giorni per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria».

Nel proprio ricorso, la Commissione europea motiva il deferimento dell’Italia con i dati forniti dal governo di Roma nell’ambito della procedura: in media, dice la relazione inviata dal nostro Paese nel dicembre 2016, i tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni ammontano nella prima metà di quell’anno a 50 giorni. Tuttavia, la Commissione non sembra prestare piena fede a tali numeri citando, nel dibattimento davanti alla Corte di giustizia, anche altre fonti: uno studio di Confartigianato riferisce tempi medi di pagamento attorno ai 99 giorni; una ricerca di Assobiomedica stima in 145 giorni il ritardo con cui il SSN salda le aziende associate; un’indagine de Il Sole 24 Ore denuncia tempi medi di pagamento di 687 giorni da parte delle aziende sanitarie e ospedaliere.

Il passaggio chiave nella sentenza della Corte di Giustizia Europea sancisce che l’obbligo imposto agli Stati membri dalla direttiva 2011/7/Ue «riguarda il rispetto effettivo dei termini previsti», dal momento che «lo scopo della normativa è quello di contrastare i ritardi dei pagamenti e transazioni commerciali». Ne consegue che la persistenza di tempi di pagamento ai fornitori più lunghi del consentito da parte delle pubbliche amministrazioni italiane denuncia un’inottemperanza agli obblighi comunitari che il governo italiano deve sanare. In caso di mancato adeguamento la Commissione europea deferirà nuovamente il Paese alla Corte di Giustizia, che nell’eventualità di una seconda condanna potrà decidere per l’irrogazione di sanzioni economiche.


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