Farmaci sempre più animal-free

Negli ultimi anni veganismo e vegetarianismo sono diventati popolari: complice la sensibilizzazione ai temi ecologici e la preoccupazione per i devastanti effetti del cambiamento climatico, sempre più persone hanno scelto di condurre uno stile di vita plant-based, meno impattante per il pianeta. Nel solo Regno Unito il numero di vegani e vegetariani è quadruplicato in cinque anni, passando dai circa 150.000 del 2014 ai 600.000 del 2019.

 

Se il veganismo è “uno stile di vita che cerca di escludere ogni forma di sfruttamento e crudeltà nei confronti degli animali, sia essa legata alla produzione alimentare, di indumenti o a qualsiasi altro scopo”, il vegetarianismo “esclude dall’alimentazione la carne di qualsiasi animale, sulla base di motivazioni etiche, ambientalistiche, igienistiche, salutistiche o religiose”.

 

Anche se non sono la prima cosa a cui viene da pensare (è stato dimostrato che non solo i pazienti ma anche i medici ignorano la presenza di ingredienti non adatti a vegani o vegetariani nei medicinali), molto spesso i medicinali contengono eccipienti di origine animale. Una ricerca pubblicata su The BMJ (The British Medical Journal) nel 2014 ha dimostrato che 74 dei 100 medicinali più comunemente prescritti nelle cure primarie contenevano lattosio (nel 59%), gelatina (nel 20%) o magnesio stearato (49%), i “big three” in termini di prodotti di origine animale.

 

Se il lattosio, usato come diluente, è generalmente prodotto dal latte, la gelatina, utilizzata frequentemente in capsule o compresse, come parte di preparati a rilascio ritardato o per addensare liquidi, viene ricavata dalla pelle e dalle ossa di bovini e suini. Lo stearato di magnesio, utilizzato nella produzione sia di compresse sia di polveri, è più comunemente derivato dal grasso di manzo, anche se può essere di origine vegetale. La ricerca di sostituti per lo stearato di magnesio di origine animale è iniziata oltre 20 anni fa, spinta dalle preoccupazioni per le encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE), mentre lo studio di alternative vegane al lattosio è recente. I produttori stanno anche cercando- con notevoli difficoltà- alternative alla gelatina per rendere accettabili i farmaci anche a quelle confessioni religiose con limitazioni alimentari. Kendal Pitt, di GlaxoSmithKline precisa che «Negli ultimi dieci anni la maggior parte delle grandi aziende farmaceutiche ha adottato una politica di rimozione dei prodotti di origine animale ogni volta possibile, guidata dalla domanda pubblica».

 

Un punto controverso è da sempre l’etichettatura dei medicinali. Nel RCP (riassunto delle caratteristiche del prodotto) e nel foglio illustrativo di ciascun farmaco figura sempre l’elenco di eccipienti, ma non ne viene generalmente esplicitata l’origine, vegetale o animale: questo accade perché le aziende farmaceutiche non riescono a differenziare nello specifico gli ingredienti animali, dal momento che nel processo produttivo vengono utilizzati vari fornitori e gli eccipienti possono cambiare. Ciò rende difficile per chi pratica determinati stili di vita orientarsi nell’acquisto di prodotti adatti alla propria dieta.

 

Da regolamento, le case produttrici di farmaci per uso umano non sono però tenute a specificare se un prodotto includa o meno eccipienti di origine animale, considerato che viene data priorità all’efficacia del medicinale. Trattandosi inoltre di una “questione relativa allo stile di vita”, l’UE ha escluso di elaborare su questo un sistema di etichettatura. Su questo tema, la Brexit potrebbe ora aprire nuovi e inediti scenari in UK.

 

Vista la recente e rapidissima crescita del veganismo, nei prossimi cinque anni c’è un potenziale di crescita per i farmaci vegani. Forte di questa convinzione, nel febbraio 2022 il grossista di Amburgo Axunio ha messo in commercio in Germania il primo medicinale al mondo certificato come animal free dalla Vegan Society: si chiama Paraveganio, è a base di paracetamolo e utilizza una fonte vegetale per l’eccipiente stearato di magnesio. Il farmaco non è al momento campione d’incassi ma la situazione, a fronte di un accrescimento della consapevolezza e di un conseguente aumento della domanda, potrebbe cambiare.


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