Caro energia, a rischio le aziende farmaceutiche: gli appelli di Farmindustria e Medicines for Europe

La pandemia e la guerra in Ucraina, oltre al loro carico di morte e distruzione, hanno originato devastanti effetti domino sulle economie globali: colli di bottiglia della logistica, inflazione galoppante, svalutazione dell’euro, aumenti vertiginosi dell’energia, degli imballaggi e delle materie prime che stanno rendendo la vita impossibile alle imprese, sia sul fronte produttivo sia su quello dell’approvvigionamento.

 

È Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, a mettere l’accento sulla crisi della industria farmaceutica italiana, pericolosamente a rischio, in un recente e accorato appello alle forze politiche del nostro paese: «la nuova legge di bilancio preveda più fondi per la spesa farmaceutica o il rischio è di vedere molte aziende chiudere».

 

A pesare sulle industrie del settore si sommano gli incrementi di gas e energia, ormai al 600%, l’inflazione all’8,4%, gli aumenti del packaging, in primis carta e vetro –essenziali per il confezionamento dei medicinali– con un rincaro del +50% in un anno, esattamente equivalente a quello dei principi attivi dei farmaci, provenienti prevalentemente da Cina e India, dove vengono acquistati in dollari, con tutti i contraccolpi della svalutazione dell’euro. In questo scenario poco ottimistico, la domanda in aumento è sempre meno gestibile e più difficile da soddisfare, considerate le notevoli difficoltà di reperimento.

 

«Tutto questo sta diventando insostenibile –afferma Cattani– visto che le aziende che producono farmaci non scaricano sui cittadini gli aumenti dei costi sostenuti»: il prezzo dei medicinali rimborsabili dal SSN (Servizio sanitario nazionale) viene infatti periodicamente concertato con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Va anzi sottolineato come, «per effetto delle rinegoziazioni i prezzi sono stati ridotti nell’ultimo anno dell’1%. Questo significa che a breve le aziende non saranno più in grado di ammortizzare i costi, e molte sono a rischio di chiusura con conseguenti problemi di carenze di prodotti».

 

Cattani è risoluto: «Il governo intervenga immediatamente e nella nuova legge di bilancio si prevedano più risorse sulla spesa farmaceutica, perché abbiamo visto con la pandemia Covid come i soldi spesi in salute non possono esser considerati come un costo da tagliare».

 

L’appello di Farmindustria non è isolato, e segue quello lanciato a luglio da Medicines for Europe (MfE) –l’associazione europea delle imprese di farmaci generici, biosimilari e Value added medicines, di cui fa parte l’italiana Egualia– alle istituzioni europee e ai governi. L’associazione europea pone l’accento sui potenziali effetti della riduzione delle forniture di gas alla farmaceutica, a valle della pubblicazione del piano della Commissione UE per far fronte alla riduzione delle forniture di gas dalla Russia.

 

«Abbiamo oltre 400 siti di produzione situati in tutti i Paesi europei e forniamo il 70% dei farmaci dispensati in Europa, per questo chiediamo una priorità speciale in caso di carenza di energia ed esortiamo i Governi a mantenere l’approvvigionamento energetico ai siti di produzione di medicinali anche in caso di restrizioni energetiche in Europa», scrive l’associazione.

 

La ragione è semplice, molti dei farmaci più critici (antibiotici, sostanze sterili o biologiche) richiedono riscaldamento e raffreddamento altamente specializzati sia in fase di produzione sia in fase di consegna, e implicano una fornitura continua di energia (gas o corrente elettrica). «La produzione di medicinali non può essere semplicemente disattivata per alcuni giorni e riaccesa. Anche un arresto temporaneo della produzione – spiega il portavoce di Medicines for Europe – richiederebbe un notevole sforzo e molto tempo prima che il settore riprenda la produzione, a causa di sfide tecniche relative al controllo della temperatura, all’igiene, al controllo delle impurità e alla conformità con i requisiti delle buone pratiche di fabbricazione (GMP – Good Manufacturing Practices)».

I numeri non lasciano spazio a dubbi, «un’interruzione della produzione legata all’energia avrebbe effetti dannosi sulla fornitura di medicinali essenziali ai pazienti nell’Ue e nel mondo, dal momento che la nostra industria è un fornitore globale di questi farmaci», conclude MfE.

 

Con l’emergenza carenze dietro l’angolo, ora la palla va ai Governi.


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