AAA: aziende farmaceutiche cercano talenti digitali

Bain & Company, società di consulenza strategica statunitense, ha recentemente pubblicato uno studio sui nuovi profili professionali fondamentali per la gestione della digitalizzazione nell’industria del farmaco.

L’evoluzione tecnologica digitale ha rivoluzionato in maniera più o meno importante tutti i settori dell’industria e del commercio, affacciandosi infine anche alla soglia del mondo farmaceutico. Nonostante una serie di fattori strutturali e normativi che, in passato, hanno frenato e condizionato l’adozione di innovazioni digitali nel farmaceutico, il digitale, come leva di sviluppo strategico, sta oggi consentendo importanti passi avanti quali aumento della produttività, allargamento del portafoglio prodotti e miglioramento della customer experience.

Questi elementi si traducono in “tre livelli” su cui la digitalizzazione del pharma sta registrando i maggiori impatti.

Il primo è quello della Ricerca e Sviluppo. La digitalizzazione è infatti in grado di aumentare la produttività della ricerca riducendone i tempi, come nel caso delle simulazioni digitali o della profilazione della popolazione da includere negli studi clinici.

Il secondo livello è quella della produzione: anche in questo caso aumenta la produttività e grazie al digitale si ha a disposizione una mole importante di dati per analizzare i processi produttivi, oltre che innovazioni applicate alle macchine fino a poco tempo fa impensabili.

Il terzo livello riguarda l’ultima parte del percorso del farmaco, cioè il coinvolgimento del medico e del paziente. Qui la rivoluzione digitale offre una grande varietà di esempi pratici, dalle terapie digitali al monitoraggio da remoto, fino ai dispositivi indossabili.

A livello globale, l’innovazione digitale nel farmaceutico avanza, anche se con andatura diversa in funzione di luogo, applicazioni e aziende specifiche. Allo stesso tempo, rilevanti investimenti nel digital healthcare stanno modificando il settore; investimenti spesso sostenuti da venture capital e private equity che hanno quadruplicato le risorse allocate nel settore negli ultimi 5 anni. Nel frattempo gli scenari si modificano e grandi player tecnologici alla ricerca di opportunità di crescita nel settore healthcare, come ad esempio Google, Samsung, Apple e Ibm, stanno in alcuni casi creando nuovi spazi di mercato nell’assistenza dei malati cronici, come i diabetici.

Al mutare del mercato si evolvono di conseguenza competenze e organizzazioni. A seconda del settore o delle singole realtà, la “digitalizzazione” è stata affrontata in modi diversi: dall’acquisizione di competenze attraverso partnership o M&A con aziende native digitali, alla creazione di divisioni di specialisti, con recruiting interno ed esterno di competenze. “Dal punto di vista organizzativo – ricorda il report – esistono poi diverse soluzioni per guidare l’innovazione digitale: il Chief Digital Officer e le unità di Advanced analystics sono le scelte più diffuse. Ma ne esistono anche altre come il ‘Cyber Security Expert’ (figura operativa nella creazione di strategie di protezione dei dati, protocolli di sicurezza e responsabile delle attività di audit) o il ‘Digital Marketing Expert’ (responsabile della definizione di strategie di marketing correlate alle attività di comunicazione online, inclusa la scelta dei target customer, la selezione dei partner e la definizione di strategie di advertising)”.

Il Chief Digital Officer è una “figura di coordinamento delle attività digitali in azienda, normalmente reclutato esternamente, e può essere collocato a diversi livelli dell’organizzazione a seconda della priorità che si intende dare allo sviluppo digital. Il ruolo può essere definito in maniera più o meno ampia in base alle esigenze della società, al suo modello operativo e all’esperienza delle strutture organizzative”.

Nell’industria farmaceutica italiana le prime figure a essere state introdotte sono quelle di coordinamento, come appunto il Chief Digital Officer, o di sviluppo delle competenze digitali, come figure di “Digital Champions” (collocate in diverse unità organizzative per promuovere la “contaminazione digitale”) o l’attivazione di “Digital Academy” (organizzazione di corsi per gruppi di risorse selezionate). In alcune aziende sono presenti anche gli “Innovation Lab”, gruppi di lavoro con competenze eterogenee per lo sviluppo di iniziative digitali.

L’indagine di Bain & Company ha utilizzato studi di mercato, interviste a esperti di settore e risorse di aziende associate. Oltre a priorità e opportunità per i prossimi anni, sono stati analizzati anche alcuni rischi che l’adozione del digitale può comportare. In sintesi:

  • criticità legate a cambiamenti di regole sulla gestione di dati dei pazienti;
  • possibili problemi derivanti dall’interpretazione delle informazioni sul mondo del farmaco veicolate online (interlocutori non sempre qualificati);
  • limitato controllo dello scambio di informazioni su piattaforme social (possibili utilizzi impropri o distorsioni dei messaggi);
  • possibile perdita di produttività derivante dal cambio di procedure o di processi operativi dall’introduzione del digital.

Per minimizzare i rischi (e massimizzare le opportunità), il report suggerisce l’adozione di una strategia che preveda “un piano di innovazione digitale” condiviso da tutte le unità organizzative dell’azienda.

Il report si conclude con una riflessione su quello che era il tema di partenza: le aziende dovranno fare molta attenzione al reperimento di risorse con le “giuste competenze” sul mercato del lavoro. Uno sforzo che richiederà innanzitutto la digitalizzazione della funzione delle Risorse umane (HR) e la creazione di “veri e propri percorsi accelerati di sviluppo delle competenze”. L’obiettivo finale è avere in ogni azienda “un ecosistema digitale” e accelerare gli investimenti in innovazione per “attrarre e trattenere” le nuove generazioni di talenti.

La ricerca di personale non sarà né facile né immediata. Ed è già partita la caccia all’uomo.


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